SENTENZA DICHIARATIVA DI FALLIMENTO E BANCAROTTA
La Cassazione (sez. V, sent. 371/17 dell'8/2/2017, Santoro) precisa che, nei reati di bancarotta fraudolenta - l'ipotesi concreta è quella di bancarotta pre-fallimentare -, la successiva dichiarazione di fallimento non costituisce evento, e dunque elemento costitutivo del reato, che debba essere sorretto dalla coscienza e volontà dell'agente, bensì condizione obiettiva di punibilità.
Con ciò, aderendo a quanto suggerito da tempo dalla dottrina, e modificando l'orientamento giurisprudenziale finora seguito in materia.
La giurisprudenza di legittimità, in realtà, parlava al riguardo di elemento costitutivo improprio: da un lato, ciò serviva a risolvere più agevolmente, attraverso l'individuazione certa del momento consumativo, problemi processuali quali quelli relativi al locus commissi delicti, che vale a fissare la competenza per territorio; dall'altro, tuttavia, il riferimento alla natura impropria dell'elemento costitutivo nascondeva la difficoltà di giustificare un evento causalmente e psicologicamente scollegato dalla condotta.
La Suprema Corte afferma la necessità di distinguere i due momenti, quello in cui l'agente, a causa della sua condotta, diviene meritevole di pena, e quello, eventualmente differito, in cui sorge l'opportunità di punire il suo comportamento. I due momenti corrispondono, di fatto, all'integrazione della condotta tipica e al verificarsi della condizione obiettiva di punibilità.
Tale conclusione, secondo la sentenza in oggetto, era già stata raggiunta implicitamente dalla sentenza SS.UU. n. 22474 del 31/3/2016, Passarelli, laddove si affermava che "la condotta si perfeziona con la distrazione, mentre la punibilità della stessa è subordinata alla dichiarazione di fallimento che, ovviamente, consistendo in una pronunzia giudiziaria, si pone come evento successivo (in caso, appunto, di bancarotta distrattiva pre-fallimentare) e comunque esterno alla condotta stessa".