Il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

29.05.2017

La legge n. 199 del 29 ottobre 2016 ha modificato l'articolo 603 bis del codice penale, che punisce l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro.

Ricordiamo che il reato nasce per perseguire in particolar modo la odiosa pratica del "caporalato" ma, soprattutto a seguito della riforma, potrebbe essere destinato a coprire anche condotte diverse e meno allarmanti.

La nuova formulazione della norma, infatti, ridefinisce la condotta incriminata, rendendo molto più vasta ed indeterminata la sua sfera di applicazione.

Nel suo testo originario, la norma puniva l'attività di intermediazione svolta in forma organizzata, ed esplicantesi nel reclutamento di manodopera o nell'organizzazione di attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, e approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.

Con la riforma, viene meno ogni riferimento alla natura organizzata dell'attività di intermediazione, così che si potrebbe a ragione sostenere che anche il procacciamento occasionale possa integrare la condotta. Inoltre, la violenza e la minaccia, da elementi costitutivi della fattispecie, vanno ad integrare ora solo l'ipotesi aggravata.

Occorre allora innanzitutto valorizzare la nozione di "reclutamento", così come elaborata negli anni dalla giurisprudenza, quale procacciamento al di fuori dei canali istituzionali e pertanto illecito. Inoltre, restano le condizioni di sfruttamento e lo stato di bisogno dei lavoratori a circoscrivere la punibilità ai fatti più rilevanti.

Ma dove la novella mostra la sua maggiore novità è nell'estendere la punibilità anche a chi utilizzi, assuma o impieghi manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno. In pratica, diventa punibile anche il datore di lavoro. E se si pone mente a quelli che, dalla legge stessa, sono considerati indici di sfruttamento, si capisce bene come potrebbe essere considerato reato anche un rapporto lavorativo formalmente regolare, ma in cui non vengano rispettate le tutele previste a favore del lavoratore.

Indici di sfruttamento, infatti, sono:

- la sistematica retribuzione dei lavoratori in misura palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o, comunque, sproporzionata rispetto alla qualità o alla quantità del lavoro prestato;

- la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria e alle ferie;

- la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;

- la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.

E si consideri che sufficiente è che ricorra anche una sola di queste condizioni per integrare lo sfruttamento.

Se ci allontaniamo dal certamente più grave fenomeno del "caporalato" e pensiamo all'esperienza quotidiana, chi non ritroverebbe almeno uno di tali indici di sfruttamento, ad esempio, nel settore del piccolo commercio, nell'organizzazione del lavoro all'interno dei call center, oppure nel rapporto casalingo che si instaura con colf e badanti?

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